Giuseppe Civati e People

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Roma

“Una succursale di People”, Maria Grazia definisce così Blue Room.

Foto: Facebook

Questo perché sugli scaffali della piccola libreria, la giovane (è nata nel 2019) casa editrice People ha senza dubbio uno spazio privilegiato.

Maria Grazia ama i temi di giustizia civile portati avanti da People, il taglio “pop” ma al tempo stesso approfondito dei suoi testi, l’approccio contemporaneo.

Ed è un amore ricambiato! Ce lo conferma Giuseppe Civati, tra i fondatori della casa editrice.

Lui ovviamente per lavoro di librerie ne frequenta tante, in Italia e all’estero, e preferisce le librerie indipendenti perché, dice, incontrare in libreria qualcuno che che sa parlare di libri aggiunge valore ai libri stessi.

Le sue preferite in assoluto però, sono quelle che lui definisce le “librerie di frontiera”, quelle che si danno la missione di portare i libri, la lettura e le idee là dove non arriverebbero “per vie naturali”. Luoghi di inclusione, oltre che di cultura, come la libreria per ragazzi Il Mosaico a Imola, o Due Punti a Trento o come Marabuk a Firenze.

E come Blue Room, ovviamente, con cui People collabora per eventi e presentazioni.

 

Giovedì 26 maggio 2022, People è ospite di Blue Room per la rassegna Villa Lais legge con un libro corale dal titolo Partigiane. Nove racconti ispirati alla vita di nove partigiane, narrati in prima persona, per non dimenticare.

Sono storie di incredibile coraggio e di immensa libertà, quelle che troverete nelle pagine di questo libro. Sono le storie, narrate in prima persona, di dieci donne che decisero di partecipare alla Resistenza e che, dopo il 25 aprile, continuarono a fare grandi cose per la Repubblica. Troppo spesso identificate come figure minori della Resistenza – una costante che purtroppo riguarda tuttora le donne in ogni campo -, imbracciarono anch’esse le armi, in montagna e in città, fecero le “staffette”, ciclostilarono volantini con cui diffondevano le proprie idee. Idee di pace, idee di libertà, idee di uguaglianza, idee per un’Italia e un’Europa diverse da quelle in cui erano cresciute. Da Ada Gobetti a Teresa Mattei, passando per Renata Viganò e Ursula Hirschmann, “Partigiane” racconta la Resistenza con uno sguardo diverso, quello delle donne.

Partigiane

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Abbiamo chiesto a Giuseppe il suo libro di oggi: quello che più degli altri in questo momento lo aiuta a interpretare la realtà.

Ci ha consigliato Milan Kundera, Un Occidente prigioniero, un testo degli anni Sessanta riscoperto e riproposto da Adelphi, che con la sua lucidità getta una luce nuova sulle vicende che stiamo vivendo.

Nel giugno del 1967, poco dopo la lettera aperta di Solzenicyn sulla censura nell’Urss, si tiene in Cecoslovacchia il IV Congresso dell’Unione degli scrittori. Un congresso diverso da tutti i precedenti – memorabile. Ad aprire i lavori, con un discorso di un’audacia limpida e pacata, è Milan Kundera, allora già autore di successo. Se si guarda al destino della giovane nazione ceca, e più in generale delle «piccole nazioni», appare evidente – dichiara Kundera – che la sopravvivenza di un popolo dipende dalla forza dei suoi valori culturali. Il che esige il rifiuto di qualsiasi interferenza da parte dei «vandali», gli ideologi del regime. La rottura fra scrittori e potere è consumata, e la Primavera di Praga confermerà sino a che punto la rinascita delle arti, della letteratura, del cinema avesse accelerato il disfacimento della struttura politica. A questo discorso, che segna un’epoca, si ricollega un intervento del 1983, destinato a «rimodellare la mappa mentale dell’Europa» prima del 1989. Con una veemenza che il nitore argomentativo non riesce a occultare, Kundera accusa l’Occidente di avere assistito inerte alla sparizione del suo estremo lembo, essenziale crogiolo culturale. Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia, che all’Europa appartengono a tutti gli effetti, e che fra il 1956 e il 1970 hanno dato vita a grandiose rivolte, sorrette dal «connubio di cultura e vita, creazione e popolo», non sono infatti agli occhi dell’Occidente che una parte del blocco sovietico. Una «visione centroeuropea del mondo», quella qui proposta, che oggi appare ancora più preziosa e illuminante. Premesse di Jacques Rupnik e Pierre Nora.

Un Occidente prigioniero